Introduzione al vol. 6

II viaggio negli Stati Uniti che Freud intraprese nell'estate 1909, su invito di Stanley Hall, per tenere a Worcester nel Massachusetts una serie di conferenze alla Clark University, non soltanto rappre­sentò un'esperienza personale importante, ma segnò l'inizio della diffusione internazionale della psicoanalisi. Era intervenuto alle con­ferenze William James, con cui Freud ebbe cosi modo di parlare a lungo. Nell'Autobiografia del 1924 Freud ha descritto questo incontro, che fu importante anche dal punto di vista umano per l'immediata reciproca simpatia sviluppatasi fra i due uomini. James affermò allora, come riferisce Jones, che l'avvenire della psicologia era affidato all'at­tività di Freud e dei suoi collaboratori.

Nel periodo successivo Freud si impegnò per dare al movimento psicoanalitico un assetto organizzativo tale da assicurarne la unità. L'impresa non era tuttavia facile, perché emersero subito antagonismi e contrasti.

Gli ultimi due giorni del marzo 1910 si tenne a Norimberga il se­condo Congresso internazionale di psicoanalisi (il primo era stato quello di Salisburgo del 1908), e Freud vi presentò una relazione su Le prospettive future della terapia psicoanalitica. Fu decisa la costi­tuzione della Associazione psicoanalitica internazionale, e la presidenza venne affidata a Jung, su cui Freud allora riponeva la maggiore fiducia. Le varie Società locali avrebbero dovuto federarsi nella Associazione internazionale. Cosi fecero infatti le Società di Vienna, di Berlino e di Zurigo, alle quali l'anno dopo si unirono due Società costituitesi in America, quella di New York e quella con sede a Baltimora, e nel 1912 quelle di Londra e di Budapest.

Poiché con la nomina di Jung, gli psicoanalisti viennesi, che vanta­vano una più antica adesione alla psicoanalisi, si sentivano relegati in secondo piano, Freud, per attenuare le gelosie, cedette le funzioni di Presidente della Società viennese ad Adler. Inoltre fu stabilito che accanto allo "Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologische Forschungen", fondato al Congresso di Salisburgo e diretto da Freud e Bleuler ma in realtà redatto da Jung, venisse pubblicata un'altra ri­vista, il "Zentralblatt für Psychoanalyse", curato da Adler e Stekel.

Questa organizzazione si rilevò subito assai fragile. E gli sforzi di Freud per mantenere la unità del movimento vennero rapidamente sopraffatti.

La preoccupazione unitaria di Freud appare in questi anni anche dai suoi scritti, dove è largo di lodi e di riconoscimenti a quanti par­tecipano al movimento, non perdendo occasione di accogliere concetti e punti di vista teorici elaborati da altri.

In tal modo entrano nella stessa terminologia freudiana i termini "complesso", "introversione della libido" e "frustrazione" (Versa­gung) desunti da Jung, il concetto di "ambivalenza" preso da Bleuler, e, se pur transitoriamente, quelli di "minorità d'organo" e di "protesta virile" dovuti ad Adler; vengono pure valorizzati i contributi di Stekel per quanto riguarda il simbolismo onirico.

Prima di partire per gli Stati Uniti, Freud aveva completato la ste­sura del Caso clinico dell'uomo dei topi (che era stato l'argomento della sua relazione al Congresso di Salisburgo). Di ritorno da quel viaggio si accinse a mettere per iscritto le Conferenze tenute a Wor­cester. Contemporaneamente però fu attratto da un problema di altra natura: quello del contrasto, in Leonardo da Vinci, fra genio artistico e genio scientifico. Lo interessavano gli ostacoli che all'attività pitto­rica di Leonardo derivarono dal suo inesauribile bisogno di investi­gazione scientifica, e soprattutto le radici infantili che di ciò si pote­vano rintracciare negli elementi della sua precoce vita affettiva.

Questi problemi affascinarono Freud, che vi lavorò lungamente de­dicandovi il saggio su Leonardo pubblicato nell'estate 1910 poco dopo il Congresso di Norimberga.

Intanto, nell'aprile dello stesso 1910, Jung aveva segnalato a Freud l'autobiografìa del Presidente Schreber, opera di estremo interesse psicologico e psichiatrico, perché scritta da una persona di cultura e di intelligenza lucida, anche se affetta da delirio paranoico. Freud, che al problema della paranoia aveva dedicato fin dal 1895 la pro­pria attenzione di studioso, nell'intento di comprendere i processi mediante i quali si generano le produzioni deliranti di questa malattia mentale, studiò quest'opera, ricavandone una relazione clinica su basi psicoanalitiche, simile a quelle che possono essere ottenute in casi realmente sottoposti ad una terapia. Infatti Freud ha compreso il saggio sul Presidente Schreber fra i suoi Casi clinici.

Carattere clinico hanno anche altri due brevi scritti di questo stesso periodo, I disturbi visivi psicogeni nella interpretazione psicoanalitica del 1910, a cui Freud annetteva scarsa importanza, e Modi tipici di ammalarsi nervosamente del 1912, più rilevante in quanto tende a dare una visione unitaria dei vari conflitti nevrotici.

Altri due scritti riguardano gli interventi conclusivi di Freud nel corso di discussioni monotematiche svoltesi nelle sedute del mer­coledì della Società psicoanalitica viennese.

Il primo verte sul problema del suicidio, ed in ispecie del suicidio di ragazzi in età scolastica. La discussione su questo tema, tenutasi in due serate dell'aprile 1910, diede occasione a Freud di affermare la esigenza di studiare più a fondo i processi depressivi della melan­conia e del lutto, ciò che egli stesso farà qualche anno più tardi.

L'altro affronta il problema dell'onanismo. La discussione, condotta prima in due tornate della Società durante l'estate del 1910, fu ri­presa ex novo nell'inverno 1912, per una serie di nove sedute. Freud concludendo questa seconda serie affronta i problemi dei danni fisici e psicologici che possono derivare da una pratica della masturbazione protratta oltre la adolescenza, e si rifà in questa occasione al concetto di nevrosi attuale già sviluppato nel 1896.

A prescindere dai lavori ora ricordati, e da altri minori per im­portanza ed estensione, in questo periodo — che va dunque dal viaggio in America alla separazione di Adler (1911) e di Stekel (1912) dalla Società psicoanalitica di Vienna — debbono essere ricordati tre libri di Freud: libri che egli aveva in animo di pubblicare e che non furono scritti, ma che tuttavia, attraverso una modificazione formale, ci sono in qualche modo pervenuti, non come pubblicazioni orga­niche, ma come serie di saggi staccati.

Il primo di questi libri non scritti riguarda la psicologia della vita amo­rosa. Freud aveva analizzato nei Tre saggi sulla teoria sessuale la sessua­lità infantile, le difficoltà della sua progressiva evoluzione fino a quella che più tardi costituirà la sessualità adulta, e le anomalie di com­portamento erotico derivanti da un mancato armonico sviluppo dell’attività pulsionale. Aveva anche esaminato il problema della scelta oggettuale in relazione alle precoci fissazioni agli oggetti libidici in­fantili. Non aveva però trattato in modo esauriente il problema gene­rale della vita amorosa, nell'uomo e nella donna.

Nel corso della seduta del 28 novembre 1906, discutendosi una relazione di Isidoro Sadger (uno dei primi membri della Società, autore di numerose patografie) sopra una strana relazione amorosa fra il poeta Nicolò Lenau (1802-1850) e Sofia Löwenthal, Freud in­tervenne con alcune osservazioni. Ed enunciò allora il proposito di scrivere un'opera sulla vita amorosa dell'uomo.

Come si è detto, tale opera non fu mai portata a termine. Nel 1909 però Freud tenne nella stessa Società di Vienna una relazione su un tema particolare, e cioè su un certo tipo di scelta amorosa riscon­trabile con frequenza in individui di sesso maschile, tipo di scelta che si presta ad essere interpretato in base ad elementi della vita affettiva infantile. Queste osservazioni furono pubblicate l'anno suc­cessivo. Ad esse segui nel 1912 un saggio, presentato come il secondo dei Contributi alla psicologia della vita amorosa, che tratta essenzial­mente del problema della impotenza maschile, interpretata sulla base delle difficoltà per l'uomo di fondere insieme, nell'amore, la componente di tenerezza e quella sensuale.

Passarono altri cinque anni prima che Freud scrivesse nel 1917 un terzo saggio, in cui verrà analizzato il diffuso fenomeno della frigi­dità femminile, esaminato partendo dalla considerazione di un pro­blema apparentemente collaterale: quello dell'atteggiamento assunto, sia presso i popoli primitivi che presso le società civili, nei confronti della verginità della donna.

Questo lavoro, letto alla Società di Vienna il 12 dicembre 1917, fu pubblicato l'anno dopo (con i primi due) nella IV serie della "Samm­lung kleiner Schriften zur Neurosenlehre" (Raccolta di brevi saggi sulla teoria delle nevrosi). Solo nel 1924 i tre contributi apparvero in una pubblicazione a sé, la quale in certo qua! modo tiene luogo del libro progettato diciotto anni prima.

Il secondo libro mancato è un'opera che avrebbe dovuto intitolarsi "Tecnica generale della psicoanalisi". Freud cominciò a parlarne su­bito dopo il Congresso di Salisburgo (26 aprile 1908). Ne aveva già scritte varie pagine in dicembre, ma durante tutto l'anno successivo non riuscì a progredire nel lavoro, cosicché all'inizio del 1910 mise da parte il manoscritto che andò perduto. Nella primavera dello stesso 1910, durante il Congresso di Norimberga, pensò tuttavia di com­porre, sulla tecnica, in luogo della progettata opera organica, una serie di singoli lavori separati.

Già la stessa relazione tenuta al Congresso riguardava problemi di tecnica del trattamento psicoanalitico, in quanto illustrava il concetto che più della individuazione del materiale rimosso era impor­tante tendere allo smantellamento delle resistenze opposte dal malato.

Nello stesso 1910, preoccupato del modo maldestro con cui medici senza alcuna preparazione ritenevano di poter dare consigli agii am­malati in base a qualche frammentaria e generica nozione mal com­presa di psicoanalisi, Freud aveva pubblicato una nota sulla Psicoanalisi "selvaggia", la quale pure contiene precisazioni d'ordine tecnico.

Solo nel biennio 1911-12 Freud diede alle stampe tre lavori ri­guardanti rispettivamente: il modo come nel corso del trattamento deve essere praticata la interpretazione dei sogni, i caratteri specifici che possono assumere le traslazioni del paziente sul medico al ser­vizio delle sue resistenze, e infine l'atteggiamento che il medico deve tenere di fronte al materiale che il paziente con le sue associazioni gli porta. Altri saggi sulla tecnica completeranno la serie negli anni successivi 1913-15. Tanto i primi lavori quanto questi ultimi ap­pariranno riuniti in varie raccolte, e — con l'aggiunta di due scritti anteriori sul Metodo psicoanalitico freudiano e sulla Psicoterapia (vedi voi. 4 della presente edizione), della Relazione al Congresso di Norimberga e della nota sulla Psicoanalisi "selvaggia", di cui ora si è detto — nel volume 6 delle Gesammelte Schriften (1925) con il comune titolo Zur Technik.

Il terzo libro non scritto non fu esplicitamente nominato in questi anni, ma alquanto tempo dopo, nel 1915. Doveva essere una sistema­zione teorica della psicologia dell'inconscio, a cui Freud ha dato il nome di Metapsicologia.

Il termine "metapsicologia" si trova in Freud fin dal tempo della sua corrispondenza con Fliess. Nella lettera del 13 febbraio 1896 egli dice: "La psicologia — in verità la metapsicologia — mi occupa con­tinuamente." Aveva allora abbandonato quello che noi conosciamo come Progetto di una psicologia, e che egli nelle lettere a Fliess chia­mava Psicologia per i neurologi, ma si sentiva sempre impegnato a tracciare il disegno sistematico di quei processi psichici che si trovano "oltre" la coscienza, e quindi "oltre" i fenomeni che sono presi in considerazione dalla psicologia ordinaria. Nella lettera del 10 marzo 1898 domanda consiglio a Fliess per questa denomina­zione ("ti chiedo seriamente se posso usare il termine metapsicologia per la mia psicologia che porta al di là della coscienza"). Soltanto nella Psicopatologia della vita quotidiana Freud introduce in un'opera stampata questa espressione: e precisamente in quel capitolo 12 che contiene le considerazioni propriamente teoriche. II termine è usato in contrapposizione a metafisica: e Freud attribuisce alla psicoanalisi il compito di tradurre la metafìsica in metapsicologia, e cioè il sistema di quanto è ipotizzato al di là dell'esperienza, nel sistema di quanto si trova in noi al di sotto della coscienza.

Fino a qui l'impostazione aveva però carattere generico. Un signi­ficato più esatto ed una delimitazione precisa di ciò che debba inten­dersi, e che Freud intendeva, per metapsicologia, si trova solo nel saggio L'inconscio, composto e pubblicato nel 1915. Nel capitolo 6 ("Topica e dinamica della rimozione") Freud afferma che per considerazione metapsicologica di un pro­cesso psichico va intesa quella che descrive il processo stesso secondo i tre punti di vista: dinamico, e cioè delle forze che lo promuovono, topico, e cioè delle province psichiche (coscienza, preconscio e in­conscio) dove il processo nel suo insieme si attua, ed economico per i fattori quantitativi propri degli investimenti e controinvestimenti pulsionali che entrano in giuoco.

Si tratta dunque di una ripresa del disegno già tentato col Progetto del 1895, dove tuttavia non figurano più i riferimenti al substrato neurologico, così che la indagine si mantiene in un ambito esclu­sivamente psicologico.

Soltanto nel 1915, in piena guerra mondiale, Freud annuncia espli­citamente di voler comporre un'opera generale di metapsicologia. Ad Abraham scrive il 4 maggio 1915 chiamando quest'opera "Saggi per la preparazione della metapsicologia "; scrivendo a Jones in America il 30 giugno 1915 la chiama "Preparazione alla metapsicologia" (riecheg­giando forse i Prolegomeni di Kant).

Vi è tuttavia motivo per ritenere che l'idea di quest'opera sia bale­nata nella mente di Freud molto prima.

Jones ad esempio interpreta come un accenno a tale intenzione un passo scherzoso di una lettera a Jung del 12 febbraio 1911: "Da alcune settimane sono gravido del germe di una grande sintesi, che vorrei partorire in estate."

Altri ritengono che questa frase riguardi Totem e tabu, che impegnò Freud dall'estate 1911 al maggio 1913. Se consideriamo tuttavia che proprio alla fine del gennaio 1911 egli aveva finito di scrivere le Preci­sazioni sui due principi dell'accadere psichico, le quali costituiscono un vero sommario di una concezione psicologica e metapsicologica molto generale, non si può affatto escludere che l'espressione "grande sintesi", anziché a Totem e tabu si riferisca a quest'altra opera.

Freud — cosi come non pubblicò una "Psicologia della vita amo­rosa", o un "Trattato di tecnica psicoanalitica" — neppure scrisse una "Metapsicologia". Anch'essa si frantumò in tanti saggi particolari. Sella seconda metà del 1915 furono composti cinque articoli che apparvero nella "Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse", i primi tre in quello stesso anno, gli altri due nel 1917. In una nota al quarto saggio, Freud dice che originariamente questi lavori avrebbero dovuto apparire sotto forma di un libro dal titolo "Preparazione alla meta-psicologia".

Successivamente nel volume 5 delle Gesammelte Schriften (1924), sotto il titolo generale Metapsicologia, oltre ai cinque articoli scritti nel 1915, è stata compresa anche la Nota sull'inconscio in psicoanalisi del 1912: la stessa che in questa nostra edizione conclude il presente volume. Freud dunque la considerava parte integrante della sua Me­tapsicologia. Anche per questo motivo pensiamo di poter attribuire l'origine della idea di una Metapsicologia al periodo cui il presente volume si riferisce.

Come si è detto, questo periodo è caratterizzato dai tentativi, in verità sfortunati, compiuti da Freud per salvare la unità del movimento psicoanalitico.

Adler era da pochi mesi divenuto Presidente della Società viennese, quando esplose il suo contrasto con Freud. Apparentemente si trat­tava di un dissenso dottrinale. I concetti introdotti da Adler, riguar­danti i sentimenti di inferiorità, dovuti a minorità fìsica, sociale o familiare, e quello della protesta virile per l'affermarsi in ciascuno dell'elemento dominante maschile della personalità, sull'elemento femminile, minacciavano di vanificare la concezione freudiana delle nevrosi fondata sui conflitti inconsci. Fu deciso di dedicare alcune sedute della Società alla discussione delle idee di Adler. Questi fece una esposizione della propria dottrina nelle riunioni del 4 gennaio e 1 febbraio 1911. L'8 e il 22 febbraio ebbe luogo una discussione generale, da cui risultò la inconciliabilità delle posizioni; e Adler si dimise dalla presidenza della Società. Nel maggio, su invito di Freud, egli abbandonò anche il "Zentralblatt", e usci quindi dalla Società fondando una propria Associazione psicoanalitica. In ottobre, essen­dosi stabilita la incompatibilità dell'appartenenza ad entrambe le organizzazioni, i seguaci di Adler (nove con lui) uscirono dalla vec­chia Società psicoanalitica di Vienna, che rimase dimezzata (undici membri).

Non per dissensi dottrinali, ma per contrasti dovuti al suo carattere, anche Stekel (che era rimasto direttore del "Zentralblatt") ab­bandonò la Società l'anno dopo (6 novembre 1912). In luogo del "Zentralblatt" fu allora fondata la "Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse", che divenne l'organo ufficiale della Società.

Le dissidenze sembravano riguardare per il momento soltanto il gruppo viennese e non il movimento psicoanalitico nel resto del mondo.

Nel settembre 1911 a Weimar si era infatti tenuto, nella massima armonia, sotto la presidenza di Jung, il terzo Congresso internazionale di psicoanalisi, dove fu decisa la fondazione di una nuova rivista ("Imago") per le applicazioni non mediche della psicoanalisi.

Vanno tuttavia rilevati due fatti. Anche fuori di Vienna qualcuno seguì Adler nel distacco da Freud. Così negli Stati Uniti Stanley Hall. Inoltre Bleuler, la cui adesione aveva assai contribuito alla affermazione della psicoanalisi in campo scientifico, quando fu fon­data la Associazione internazionale volle ritirarsi, per un motivo appa­rentemente formale, e cioè per non trovarsi legato ad un organismo con caratteri supernazionali. Rientrò dopo alquanto tempo nella As­sociazione dietro le fervide insistenze di Freud, per uscirne tuttavia definitivamente, quando poco dopo si produsse la più grave frattura, quella con Jung. Questa maturò nel corso del 1912 (anno in cui, essendosi Jung recato negli Stati Uniti per un ciclo di conferenze, non fu tenuto il Congresso annuale), per divenire inevitabile dopo il quarto Congresso che ebbe luogo a Monaco nel 1913.

Il problema delle scissioni verificatesi in campo psicoanalitico dal 1911 al 1914 è complicato e importante. Esso richiede un discorso specifico che tenga conto della interpretazione che fin da allora Freud ne ha data (Per la storia del movimento psicoanalitico). È certo però che le cose non si spiegano pura­mente con una diversità di punti di vista scientifici. Se di questo sol­tanto si fosse trattato, le relazioni personali fra i vari protagonisti avrebbero potuto mantenersi su un piano di cordialità e di amicizia. Invece, ancora una volta, come al tempo di Breuer e poi di Fliess, fu la guerra; o perlomeno la completa rottura di ogni rapporto.